Romantiche leggende sul tricolore
“La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Così recita la nostra Costituzione. Nata a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il parlamento della Repubblica cispadana la adottò come stendardo, sulla scelta dei colori della bandiera sono fiorite romantiche leggende. Secondo alcuni, il verde evocherebbe le pianure, il bianco le nevi delle Alpi e degli Appennini e il rosso il sangue versato dal patrioti per l’unità d’Italia. Secondo altri interpreti, i colori si ispirerebbero invece alle tre virtù teologali: verde come la speranza, bianco come la fede e rosso come la carità.
L’origine. In realtà, il tricolore deriva da quello usato dalla Legione lombarda, la guardia civile napoleonica di Milano, che partecipò alla fondazione della Repubblica cispadana. Ispirato al tricolore francese, conteneva i colori della città di Milano (bianco e rosso) e il verde delle divise della Legione.
Vinci a senet. E guadagni aldilà
Nessuna briscola chiamata né scopone scientifico. Gli Egizi non conoscevano il gioco delle carte, ma si dilettavano con un gioco da tavolo: il senet. Ognuno dei due giocatori, in possesso di 5 pedine, doveva percorrere 30 caselle di una “scacchiera” cercando di far retrocedere l’avversario; vinceva chi riusciva a far uscire tutte le proprie pedine dalla scacchiera, terminando il percorso.
Oltretomba. Sull’esito delle partite si scommettevano beni mobili: soprattutto grano. Il senet aveva però anche un significato religioso. L’avanzamento delle pedine rappresentava il percorso del defunto nell’aldilà e la vittoria garantiva la rinascita dopo la morte. Il giovanissimo Tutankhamon pare fosse un giocatore indefesso: quando gli archeologi ne scoprirono la tomba, trovarono nel suo corredo addirittura quattro tavolette da senet complete.
Annibale, il primo 007
Il primo James Bond della Storia visse nel lll secolo a. C.. Si chiamava Barca, Annibale Barca. Durante la sua discesa lungo la penisola italica, il condottiero cartaginese organizzò un sistema di spionaggio degno di 007, cercando di procurarsi informazioni sui comandanti avversari. E saputo del dissidio tra i consoli Quinto Fabio Massimo e Marco Minucio Rufo, lo sfruttò per garantirsi infine la vittoria nella battaglia di Canne (216 a. C.). Spionaggio. Dopo di lui, Giulio Cesare non fu da meno. Le sue pattuglie da ricognizione erano formate da exploratores (esploratori) e da speculatores (spie). Gli storici confermano che la conquista delle Gallie non sarebbe stata possibile senza le informazioni che raccolsero, tanto che dopo quelle vittoriose campagne militari I Romani non rinunciarono mai più ai servizi segreti.
Il doping alle Olimpiadi greche
Per i Greci l’importante non era partecipare. Contava di più vincere. E se un atleta ingeriva una sostanza che migliorava le sue prestazioni, non violava nessuna regola: l’essenziale era che a suggerirglielo fossero stati gli dèi. Nella Teogonia di Esiodo, infatti, alla dea della magia (e delle erbe ‘dopanti”) Ecate si riconosce il potere di concedere la vittoria agli sportivi.
Correttezza. Il gioco sleale veniva comunque sanzionato. Nell’Iliade, Omero narra per esempio che durante le competizioni indette da Achille per i funerali di Patroclo, Antiloco fu squalificato: aveva superato Menelao in una strettoia spingendo i cavalli in modo da costringere il re di Sparta a cedergli il passo. Una mossa considerata scorretta dai giudici. E non era questa la sola regola: nel pancrazio, un misto di pugilato e lotta, era vietato mordere e cavare gli occhi.
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