L’incendio più vasto e terribile del secolo è divampato nell’autunno del 1997 in Indonesia. Non è stata una calamità naturale: ad appiccare il fuoco alle foreste è stato l’uomo. Lo scopo era quello di liberare il terreno dalla vegetazione tropicale per destinarlo all’agricoltura. Ma le fiamme sono sfuggite al controllo. Gli incendiari facevano conto sulla stagione delle piogge, che avrebbe dovuto spegnere i focolai. Niente da fare. La siccità si è prolungata, delle piogge tanto attese, neppure una goccia. Giorno dopo giorno, dall’Isola di Giava l’incendio si è esteso alle isole di Sumatra e del Borneo. Un’immensa nube di fumo ha oscurato il Sole e ha allargato la sua ombra minacciosa su tutto l’arcipelago indonesiano. Venti milioni di persone hanno rischiato l’intossicazione da inquinamento atmosferico. Cinquantamila abitanti di Sumatra hanno dovuto abbandonare le loro case per mettersi in salvo, le vittime sono state un migliaio. Molte città dell’Indonesia si sono trovate immerse in un crepuscolo apocalittico in pieno giorno: a causa del fumo le auto dovevano viaggiare con i fari accesi.
In Italia ottomila incendi all’anno
Gli incendi delle foreste tropicali sono una delle piaghe ambientali di fine secolo. È così che si cerca di creare nuovi campi da coltivare per sfamare la popolazione in crescita. Ma questa soluzione funziona soltanto per qualche anno: la terra bruciata, infatti, perde il suo prezioso corredo di microscopici funghi e batteri, indispensabili per renderla fertile. Così, in poche stagioni, i raccolti si fanno sempre più scarsi e le nuove coltivazioni lasciano il posto al deserto. Ogni anno nel mondo va distrutta una superficie di foresta tropicale grande quanto due terzi dell’Italia. Nel 1950 il manto verde copriva il 30 per cento dei continenti, nel 1975 si era scesi al 12 per cento e si stima che all’inizio del 2000 ne rimarrà il cinque per cento. Gli incendi sono una calamità anche nei Paesi intorno al Mar Mediterraneo. Raramente le cause sono naturali (siccità ed estati particolarmente calde) ; nella maggior parte dei casi però gli incendi sono dolosi, cioè vengono appiccati apposta. Qui non si tratta di ricavare campi da coltivare, ma di liberare aree verdi per costruirvi ville e palazzi, con grandi guadagni per gli speculatori edilizi. Ogni anno in Italia scoppiano circa ottomila incendi che distruggono cinquantamila ettari di bosco. La maggior parte di questi incendi avviene a bassa quota, tra i 400 e i 1.000 metri di altezza. Il castagno è la specie più colpita (65 per cento), seguita dalla quercia (25 per cento) e dalla betulla (20 per cento). Secondo i dati della Protezione civile, su cento incendi 68 sono volontari, 24 sono causati da imprudenza (fiammiferi e mozziconi di sigaretta gettati senza preoccuparsi di spegnerli, fuochi accesi da turisti…), 7 sono dovuti a cause non chiarite e uno soltanto è dovuto a cause naturali.
L’educazione ambientale inizia a scuola
La lotta a gli incendi è prima di tutto un problema di cultura della popolazione. La prima prevenzione sì fa a scuola, chiarendo l’importanza ecologica dei boschi, illustrandone la bellezza e l’utilità e spiegando quali comportamenti bisogna tenere per non offrire esca alle fiamme. Importante è la manutenzione dei boschi. Foglie e rametti secchi devono essere rimossi. Bisogna predisporre il rifornimento di acqua. Di tanto in tanto il sottobosco va diradato. Regioni, Comuni e Guardia forestale devono preparare piani antincendio. I boschi devono essere attraversati da viali tagliafuoco. Poi ci sono le armi tecnologiche. I sensori infrarossi antincendio vengono montati su una piattaforma che ruota come un radar, a un giro al minuto, tenendo sotto controllo il territorio circostante nel raggio di una ventina di chilometri. L’apparecchio a infrarossi è stato provato in Florida (Stati Uniti), un Paese dove gli incendi sono molto frequenti, e si è dimostrato più abile dei sorveglianti. Sulla stessa torre stavano la guardia forestale e il sensore infrarosso. L’occhio umano ha avvistato 31 incendi, il sensore 71, e soltanto in sette casi si è trattato di un errore. In 42 casi l’ ”occhio elettronico” si è accorto dell’incendio prima della guardia. Un impianto di 30 postazioni con sensori infrarossi è in funzione in Sardegna. Quando l’incendio si sviluppa, gli strumenti per spegnerlo sono due: isolare il bosco incendiato tagliando la vegetazione intorno per una fascia di 100-200 metri in modo che le fiamme non possano propagarsi e irrorare getti di acqua sula parte incendiata. Oltre a gli idranti, in questo sono molto più speciali aerei che prelevano l’acqua dal mare con una specie di grande secchio, che poi riversano sulle fiamme. Questo lavoro è però molto rischioso perché l’aereo deve avvicinarsi molto al suolo e immergersi nei fumi e nelle correnti di aria calda ridotte dall’incendio. Oggi in Italia nel 78 per cento dei casi l’allarme per un incendio viene dato dalla popolazione locale mentre solo nel 18 per cento dei casi dalla Guardia forestale, e nel 3 per cento da avvistamenti aerei, quindi fondamentale che tutti sappiano che cosa fare appena ci si accorge delle fiamme. Ecco alcuni consigli.
1) Chiama il numero il 115 (vigili del fuoco) indicando le dimensioni dell’incendio.
2) Se il fumo viene verso di te, allontanati dando le spalle al vento; se si allontana, fuggi camminando contro vento.
3) Evita di respirare il fumo e appoggia su bocca e naso un fazzoletto bagnato.
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