Chirone
«Sono stato il maestro di Achille e Giasone e ho insegnato la medicina agli uomini»
Mi presento:
Ero uno scienziato, esperto soprattutto di astronomia e chirurgia, ottimo suonatore di lira, ma anche un quadrupede: cavallo dalla cintola in giù, uomo dalla cintola in su. Un Centauro insomma. Il mio nome è Chirone, sono un fratellastro del grande Zeus, re dell’Olimpo. Avevamo in comune il padre che era Crono; mia madre si chiamava Filira ed era figlia di Oceano. Sono stato il maestro dei più grandi eroi dell’antichità, da Achille a Giasone, ho insegnato medicina ad Asclepio ed ero amico di Eracle. La mia stirpe, quella dei Centauri, era simile a quella dei Ciclopi: gente rozza e brutale che viveva sulle montagne e nelle foreste, che mangiava carne cruda. Non li sopportavo, erano troppo ignoranti. Chiariamo subito una cosa, non erano miei parenti. Si raccontava che fossero nati dagli amori di Issione, un re pazzo, con una nuvola. Io li evitavo, però un giorno mi trovai coinvolto nella lotta che Eracle aveva intrapreso contro di loro. Con le sue frecce avvelenate, Eracle fece un massacro di Centauri. Fui ferito anch’io, una ferita che si trasformò in una dolorosissima piaga. Stringevo i denti, sapevo di essere condannato a una sofferenza eterna: le frecce di Eracle non perdonavano. Mi rivolsi a Zeus. Lo pregai di togliermi l’immortalità, lo implorai di farmi mortale. Zeus mi esaudì. Ma per rendere il mio nome immortale, mi trasformò nella costellazione del Sagittario. Trovai così finalmente la pace. L’ultimo ricordo terreno che ho è quello delle lacrime di mia moglie Cariclo e di mia figlia Endeide. La fantasia popolare ha creato molte figure mitologiche dalla doppia forma, metà umane e metà bestie. C ’erano le Centauresse, che vivevano anch’esse sulle montagne, e gli Ittiocentauri, metà uomini e metà pesci. Le figure più famose sono state le Sirene, che non avevano il corpo di pesce, come molti si sono immaginati: erano bellissime, metà donne e metà uccelli. Con il loro melodioso canto attiravano i marinai, che passavano vicino alla loro dimora, un’isola del Mediterraneo. Le navi si avvicinavano troppo alla costa rocciosa e si fracassavano. Non c’erano mai superstiti che potessero raccontare come fosse questo canto. L’unico fu Ulisse, che prudente e curioso si fece legare a un albero della sua nave, mentre i suoi marinai si erano turati le orecchie. Racconto che, appena sentì le note musicali, sentì un desiderio invincibile si correre verso di loro. Decisamente brutte erano invece le Arpie, uccelli dalla testa femminile e con artigli aguzzi. Si raccontavano molte storie su di loro: che rapivano i bambini, che dal vento Zefiro avevano generato i cavalli Xanto e Balio, veloci come il vento; che ingaggiavano violente lotte con i figli dei venti. L’elenco dei personaggi dalla doppia forma umana e animalesca è molto lungo. Ne ricordo ancora due: il Minotauro, un uomo dalla testa di toro, e la Sfinge, con il volto di donna, il corpo di leone e le ali come un uccello da preda. Il Minotauro era figlio di Minosse, re di Creta. Era stato rinchiuso in un immenso palazzo, chiamato Labirinto, composto da una fitta rete di sale e corridoi, dove non entrava mai il Sole: era impossibile a chiunque trovare l’uscita. Questo mostro era un cannibale, golosissimo di carne umana. Ogni tanto gli davano in pasto giovani che Atene era obbligata a consegnare, come tributo, avendo perso a guerra. La cosa andò avanti per anni fino a quando nel Labirinto entrò Teseo, che non ebbe difficoltà a uccidere il Minotauro e a trovare la via per tornare alla luce. In questa impresa l’eroe ateniese fu aiutato da Arianna, figlia di Minosse, che li diede quel famoso gomitolo di lana, che gli permise i prepararsi la via del ritorno.
Gli enigmi della Sfinge
La Sfinge era un buffo mostro mezzo leone e mezzo donna che si divertiva a fare domande ai passanti e uccideva coloro che non sapevano rispondere. Cioè tutti, perché i suoi enigmi erano così complicati che i mortali pensavano che non ci fossero soluzioni. Un giorno capitò di fronte a lei Edipo, un eroe molto sfortunato perché ebbe la sventura di uccidere il padre, senza sapere chi fosse. Quando si vide di fronte quel giovane, la Sfinge si mise a ridere e gli pose subito il primo quesito. «Qual è quell’essere che cammina ora con due, ora con tre e ora con quattro zampe?». Senza alcuna esitazione Edipo rispose: «È l’uomo, che cammina con quattro zampe quando è bambino, con due quando è grandicello e con tre quando è vecchio, perché si aiuta con il bastone». Altro quesito: «Ci sono due sorelle: una genera l’altra e la seconda genera la prima. Chi sono?». «Il giorno e la notte», rispose esattamente Edipo. Il giorno? , vi chiederete. Non può essere una sorella essendo maschile, sarà un fratello. Dovete sapere che in greco il ” giorno” è femminile. Quella fu l’ultima volta che la Sfinge pose domande, perché scomparve e non si fece più vedere.
I sogni, figli del Sonno
I Sogni, secondo Omero, abitano al di là dell’Oceano, nell’estremo occidente. La loro abitazione aveva due porte, una di corno e l’altra d’avorio. Da quella d’avorio, essendo Opaco, uscivano i sogni falsi ed ambigui; dall’altra, essendo il corno trasparente, uscivano i sogni veri e di facile interpretazione. Si raccontava che Ipno (il Sonno) aveva avuto mille figli, i più famosi dei quali erano Morfeo, Icheleo e Fantaso. Erano tutti alati. Morfeo aveva l’incarico di assumere la forma di esseri umani e di mostrarsi agli uomini addormentati, durante i loro sogni. Icheleo assumeva qualsiasi forma, anche di bestia, ed era chiamato anche Fobetore. Fantaso appariva nei sogni in forma di cose animate.
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