La paura della criminalità è un fenomeno sociale imponente: secondo l’ultima indagine Istat ben 14 milioni e 200 mila italiani dicono di sentirsi poco o per niente sicuri quando camminano per le strade della zona in cui vivono durante notte. E ben 5 milioni e 813 mila persone (l’11%) affermano di non sentirsi sicure in casa la sera da sole. Un’indagine condotta qualche anno fa su quali siano i problemi prioritari del Paese ha dato come risultato che il 72% degli italiani teme la disoccupazione e il 66% la criminalità. Perfino più della metà delle persone che si autodefiniscono “molto sicure” pensa che la criminalità sia un problema prioritario per l’Italia. La paura dipende da due fattori: la frequenza con cui vengono commessi i reati e il grado di vulnerabilità della persona. Non dalla gravità del reato: l’insicurezza e più frequente dove ci sono molti piccoli reati rispetto a dove si compiono omicidi, dipende cioè dalla probabilità di essere coinvolti. In Sicilia e Calabria, le regioni con il più alto numero di omicidi, le persone che affermano di avere paura quando si trovano a camminare da sole la sera sono meno che in Piemonte, che ha un tasso di omicidi molto più basso. In ogni caso, gli italiani che, rientrando, controllano sempre o spesso che non vi siano intrusi in casa sono ben 8 milioni e 688 mila (19,4%), e sono oltre 26 milioni, il 53%, quelli che quando sentono rumori in casa fanno il giro delle stanze per assicurarsi che non vi sia nessuno nascosto, guardando anche sotto i letti. Alcuni buoni motivi. L’insicurezza, affermano gli studiosi, non è ingiustificata: essa cresce in base al numero di reati effettivamente commessi in una data zona e non dipende da ansie soggettive o dalle grida di allarme dei mass media. In Italia la “situazione” annuale degli omicidi ha un trend “positivo” nel 2014 sono stati 468, nel 1991 erano 1.916!
lnciviltà e vandalismo.
Esistono due tipi di insicurezza: la fear of crime (paura personale per la criminalità) e la concern about crime, cioè la paura sociale per la criminalità Quest’ultima è la paura che l’ordine sociale o politico venga sovvertito a causa della diffusione della criminalità. Entrambe le paure sono influenzate da un fattore solo apparentemente secondario: la quantità di degrado presente nel luogo in cui si vive. Vedere persone che si drogano o che si prostituiscono, sporcizia che si accumula per strada, scarsa cura dell’arredo urbano, mendicanti o gruppi di persone che schiamazzano per strada fa formare l’idea che il quartiere o la città “non sono più quelli di una volta”. E il cosiddetto disorder, l’insieme di segni di inciviltà che sono molto più visibili dei reati violenti: quando viene svaligiato un appartamento in pochi vengono a saperlo, ma se i vandali spaccano le vetrine di un negozio tutti quelli che passano nella zona se ne accorgono. E l’aumento del degrado provoca a sua volta un aumento dei reati. È la “teoria dei vetri rotti”: se in un edificio ci sono vetri infranti e nessuno li cambia, dopo poco tempo tutte le altre finestre avranno la stessa sorte. Lo stesso accade ad un’auto abbandonata, priva di targa o di una ruota: saranno in breve portati via tutti i pezzi. E non perché nel quartiere ci siano più delinquenti che altrove ma perché la sorte delle finestre o dell’auto indicano che nessuno degli abitanti è pronto a difendere i beni degli altri contro vandalismo e furti. Secondo questa teoria, la minore sicurezza data dal percepire disordine crea un indebolimento del controllo sociale ed è quest’ultimo ad aumentare la criminalità.
Sesso debole?
Del resto, a quasi la metà degli adulti in Italia capita di vedere almeno un segno di inciviltà nella propria zona: oltre un terzo dichiara di osservare spesso vandalismo contro beni pubblici, mendicanti (21%), siringhe per terra (17%), tossicodipendenti (11%). La pavimentazione sconnessa è segnalata dal 43% degli italiani, i rumori dal 39%, la scarsa illuminazione dal 35% e la sporcizia nelle strade dal 34%. Recenti ricerche hanno dimostrato che la correlazione tra paura e degrado e più forte di quella tra paura e criminalità. Per diminuire l’insicurezza, quindi, provvedere alla riparazione di arredi urbani rotti o creare ricoveri per i senza tetto è spesso più efficace che aumentare la repressione dei reati. La paura è trasversale alle classi sociali, non interessa quindi artigiani e commercianti (più esposti ai piccoli reati) molto più di quanto non interessi altre persone. L’insicurezza, inoltre, diminuisce al crescere dell’età, raggiunge il punto minimo a 35-40 anni dopodiché ricomincia ad aumentare. Hanno più paura, insomma, gli anziani seguiti dai giovanissimi. E le donne sono molto più timorose degli uomini. Ma per un buon motivo: mentre gli uomini sono più spesso vittime di reati contro la proprietà, le donne sono vittime di reati contro la persona (aggressioni sessuali e molestie).
L’Italia non è “peggio”. Ma viviamo davvero in un Paese pericoloso? Mica tanto se si fa il confronto con altre nazioni: secondo l’European Sourcebook of Crime and Criminal Justice Statistics, l’Italia ha tassi di furto medi (è undicesima sui 21 Paesi europei considerati). È alta in classifica solo riguardo gli omicidi, ma se si considerano quelli ai danni delle donne è ancora in media. Ad alzare il tasso di omicidi sono infatti le guerre di mafia.
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