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Intervista a Roberto Luciani

Roberto Luciani, amico della ns. testata è questa volta intervistato da Patrizia Boi per Wall Street International. Riportiamo integralmente il suo pensiero. Non aggiungo altro vista la conoscenza personale. Abbiamo bisogno di persone ad “alto valore aggiunto” in un paese che da molti è considerato un museo a cielo aperto

 

Se vi incuriosisce osservare un antico dipinto o un giardino monumentale, immergervi in un sito archeologico scampato alla distruzione del tempo o sperimentare la bellezza di una delle chiese erette per dimostrare la grandezza di Dio, credo che vi interesserà incontrare Roberto Luciani, un uomo che ha trascorso la vita a studiare la Storia dell’Architettura e dell’Arte del nostro Belpaese. Lo abbiamo intervistato nel suo splendido ufficio nel Complesso monumentale di San Michele a Ripa Grande, attuale sede del MiBACT.

 

Da dove nasce la tua passione per la conoscenza e l’Arte?

Forse dal luogo in cui sono nato, situato proprio accanto alla Casa dell’Architettura… Da mia madre che scriveva poesie e racconti; da mio padre, che era dedito alla letteratura, al giornalismo, all’editoria, all’arte. Ho scritto i miei primi articoli sulla rivista di famiglia, Primi Piani, e su vari altri quotidiani e periodici già quando ero adolescente.

Hai scritto una sessantina di libri e un migliaio di articoli, hai realizzato parecchi restauri monumentali, quale motore ti spinge?

Sono convinto che l’architettura sia tra tutte le arti quella che più arditamente cerca di riprodurre nel suo ritmo l’ordine dell’universo, per questo me la sono scelta come percorso universitario. In quegli anni, ho maturato grande interesse per la storia dell’architettura e il restauro, ma anche per la museografia e l’arte contemporanea. Credo nella unicità e irripetibilità della personalità artistica, nell’arte come intuizione e nell’architettura come arte, un orizzonte senza limiti, né di tempo né di spazio, in cui tutto è sempre nuovo e irripetibile. Mi spingono curiosità e bellezza.

Mi stupisce che negli anni giovanili tu sia stato anche scenografo: come è accaduto?

Quando lo scenografo Mario Chiari decise di passare alla regia con il film Prete, fai un miracolo, mi chiamò come Assistente alla scenografia. A 23 anni fu un’esperienza straordinaria lavorare nella sua spettacolare casa di Largo Argentina e girare le scene in notturna con tutta la troupe a Sabaudia. Seguirono i film L’Assassino ha riservato nove poltrone, regia di Giuseppe Bennati, con Rosanna Schiaffino e La Pretora, regia di Lucio Fulci, con Edvige Fenech. Quando, però, la Soprintendenza Archeologica di Roma mi propose una collaborazione per effettuare studi, ricerche bibliografiche, catalogazioni, rilievi, ecc., ho “dovuto” abbandonare la scenografia. Il tempo è tiranno e mi serviva tutta la mia energia, attenzione, emozione.

Come sei riuscito a conciliare la tua attività lavorativa con la concentrazione necessaria per scrivere libri?

Rilevare e analizzare le rovine di Roma, formulare le mie concezioni sull’arte antica, pubblicare libri sulla città, esprimere l’ideale della Romanitas e del senso della continuità tra la Roma antica e la Roma moderna ha un ruolo fondamentale per la tutela e restauro dei monumenti. Per portare avanti la “mia missione” ho rinunciato a svaghi e tempo libero, compromettendo la mia stessa salute, studiando incessantemente, giorno e notte e durante le festività.

Sei uno dei massimi esperti di restauro a livello nazionale, di quali importanti opere ti sei occupato?

Ho progettato e diretto oltre duecento restauri di beni architettonici, maggiormente a Roma e in Sardegna (Castel Sant’Angelo, Complesso monumentale San Michele a Ripa Grande, Chiesa di San Pantaleo di Martis, Chiesa di San Nicola di Silanis a Sedini, Forte Camicia a Palau, ecc.); di beni storico artistici (Retablo di San Giorgio, sec. XVI, nella Chiesa parrocchiale di Perfugas, Gruppo ligneo Deposizione della Croce, fine sec. XIII, nella Chiesa di San Pietro delle Immagini di Bulzi, Sacra Famiglia con San Giovannino del Maestro di Ozieri, ecc.); di beni archeologici; di giardini storici. La mia linea di ricerca è ambiziosa e volge alla crescita spirituale dell’uomo attraverso l’arte, sono convinto che la cultura e la bellezza possano salvare il mondo. Per questo i miei libri e i miei restauri sono progettati e realizzati con cura, sempre accolti con grande consenso sia dal pubblico che nella comunità scientifica.

Hai lavorato a Bologna, con il soprintendente Angelo Calvani, cosa ti ha insegnato quest’uomo?

Nonostante la giovane età, Calvani mi affidò incarichi di prestigio come la collaborazione al restauro del Palazzo Farnese di Piacenza e della Torre medievale di Fidenza. Mi diceva: “tu mi piaci perché non disdegni di sporcarti le scarpe di calce”. Sono convinto che il Restauro debba evitare ogni ostentazione, rifiutare ogni esibizionismo per essere compreso non solo con gli occhi ma anche con la mente.

Come sei approdato in Sardegna?

Fu una grande opportunità: nel 1990 fui assegnato alla Soprintendenza mista Beni Architettonici e Artistici e Storici per le province di Sassari e Nuoro. Dovevo operare in un vasto territorio ricco di fabbriche architettoniche, soprattutto chiese romaniche e beni storico artistici, con un numero esiguo di architetti e storici dell’arte in servizio. Ci sono rimasto otto anni, restaurando chiese, torri costiere, castelli, il Palazzo dell’Università di Sassari.

Hai diretto l’ufficio tecnico del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, come hai conciliato questo impegno con il lavoro in Sardegna?

Ricordo i continui viaggi tra Fiumicino e Alghero, dove tenevo in entrambi gli aeroporti una macchina. In Sardegna per meglio immergermi nell’atmosfera dell’isola risiedevo in una villa sul mare a Platamona, dove mi teneva compagnia l’incessante sciabordio delle onde.

Cosa hai scoperto ad Assisi in merito al nascondiglio di San Francesco?

Nel 1991 fui incaricato di effettuare studi, ricerche e rilievi del complesso monastico di San Damiano in Assisi. Mi sono trasferito alcuni mesi nel convento, dormendo in una cella e mangiando nel refettorio con i frati, discutendo di teologia e di arte, partecipando alle messe cantate. È stata un’esperienza professionale e mistica importante che mi ha consentito di scoprire il nascondiglio di San Francesco. Tutti credevano che si nascondesse in una nicchia nel muro, invece, con il conforto topografico e delle fonti (Tommaso da Celano), individuai il suo nascondiglio in un mitreo sotterraneo.

Mi piacerebbe sapere del tuo “matrimonio pagano” con la giornalista e teologa Franca Canala.

Dopo il matrimonio in chiesa, ho riproposto un matrimonio pagano come nell’antica Roma, ricreando ambienti, peristili, percorsi, in una tenuta sull’Appia Antica già corredata di tombe e strade romane. Gli sposi, le autorità, i testimoni, gli invitati erano vestiti con abiti appositamente disegnati e realizzati per partecipare al rito. Ho studiato tutto nei dettagli: il tempio, le domus degli sposi, i tragitti che gli invitati e gli sposi dovevano percorrere, le fiaccolate, le doti monetarie e il banchetto. Ho fatto ricorso alle ricette di Apicius servendo cibi e bevande analoghe a quelle usate dagli antichi romani.

Il cardinale Ugo Poletti afferma: “Correttezza, eleganza, misura, sono le caratteristiche principali dell’uomo Roberto Luciani; scientificità, applicazione, ricerca, sono le caratteristiche principali dello studioso di arte Roberto Luciani”.

Fu il 10 maggio 1996, durante la presentazione del volume Santa Maria Maggiore e Roma, voluto dal cardinale arciprete della basilica Ugo Poletti, mio pastore spirituale.

In questa frase dell’alto prelato sono sintetizzati i valori dell’uomo, dell’architetto, dell’archeologo, dello storico dell’arte, del restauratore, del giornalista, del professore Roberto Luciani.

Credo che la perfezione architettonica debba ricercarsi in una riconciliazione del dettato vitruviano con i monumenti, mentre il restauro di essi equivale a un dovere morale, ponendosi in una prospettiva scientifica e archeologica, con il ricorso a tutte le fonti, comprese quelle classiche, le iscrizioni, le monete. In effetti mi rilevo in questo “umanista” di professione.

Come sei arrivato a studiare uno dei palazzi del potere per eccellenza, Palazzo Vidoni, sede della Funzione Pubblica?

Nel 2002 il ministro della Funzione Pubblica, sensibile all’arte, si rese conto di “risiedere” in un palazzo meraviglioso, progettato agli inizi del Cinquecento dal Lorenzetto, decorato da affreschi rinascimentali, quasi inaccessibile agli studiosi in quanto palazzo per eccellenza del potere politico di Roma. Curai una pubblicazione per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, eccezionale per la sua bellezza, ma anche perché inerente un edificio inedito.

Parliamo ancora di un fatto privato: il miracolo della nascita delle gemelle.

Sono nate nel 2003, le mie figlie gemelle, Angelica Maria e Anastasia Maria, dopo la nascita prematura a 28 settimane. Abbiamo affrontato un periodo di ospedalizzazione lungo e tormentato: lo spirito delle neonate e la bravura dei medici hanno fatto sì che le bambine si siano allineate nella crescita a quelle nate non pretermine. Sono così padre di due bambine che la sofferenza patita all’inizio della loro esistenza ha reso straordinarie. Ora, a dodici anni, cantano nel coro delle Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma, impegnate anche in importanti rappresentazioni al Teatro dell’Opera e alle Terme di Caracalla.

Di recente ti sei occupato della collezione d’arte della Farnesina, perché hai lasciato?

Nel 2009 sono stato nominato Esperto nel Ministero degli Affari Esteri e coordinatore dell’Unità per la Collezione delle Opere d’Arte contemporanea della Farnesina, ma gli impegni internazionali richiesti mi impedivano di stare vicino alla famiglia. Per questo, dopo alcuni anni, ho deciso di tornare al MiBACT.

Fai parte della commissione che studia la Collezione d’arte pervenuta dai transatlantici dismessi, di cosa si tratta?

Nel Complesso monumentale del San Michele è allestita una singolare raccolta di opere di artisti italiani degli anni Cinquanta/Sessanta (Savinio, Mafai, Severini, Vedova, Fazzini, Fiume, Omiccioli, Purificato, ecc.), appartenenti ai transatlantici di lusso dell’ex Società Italia di Navigazione. Dopo l’inabissamento dell’Andrea Doria, nel 1979, le navi e tutte le opere d’arte, gli arredi e le suppellettili ornamentali furono cedute al demanio dello Stato. Con il disarmo della flotta navale questo patrimonio artistico è stato acquisito dal Ministero per i Beni Culturali e conservato al San Michele.

Come proseguirà il tuo viaggio nel mondo conoscenza?

Sto lavorando a una mostra antologica dell’artista Sandro Luporini, autore dei testi del Teatro-Canzone di Giorgio Gaber, che si allestirà nell’estate 2016 alle Terme di Diocleziano, grazie al nuovo Soprintendente architetto Francesco Prosperetti, sensibile all’arte contemporanea.



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