L’attività contrattile che i muscoli scheletrici sono destinati a svolgere varia nelle differenti regioni corporee. I muscoli che sostengono il peso del corpo, ossia i muscoli posturali del dorso e degli arti inferiori, devono essere capaci di mantenere la loro attività per lunghi periodi di tempo senza fatica, mentre i muscoli degli arti superiori vengono intermittentemente indotti a produrre, con rapidità, cospicue quantità di tensione in occasione del sollevamento di oggetti. Pertanto, esiste uno spettro di attività che la muscolatura scheletrica può essere chiamata a svolgere, e che va dalle prestazioni di resistenza, aventi bassa intensità e lunga durata, a quelle di forza, di alta intensità e breve durata. Alcuni muscoli, i quali svolgono in modo predominante una determinata forma di attività contrattile, sono spesso costituiti da un solo tipo di fibra muscolare, di solito quelle ad alta attività ossidativa (es. gastrocnemio). Più comunemente, tuttavia, un muscolo viene costretto a svolgere un’attività di tipo durevole in certe circostanze, ed un’attività di forza ad alta intensità in altre. Questi muscoli, generalmente, contengono un miscuglio dei tre tipi di fibre. Durante i diversi tipi di esercizio, un muscolo è sottoposto a differenti schemi di attività nervosa. In occasione delle basse produzioni di forza vengono reclutate solo le fibre a scossa lenta altamente ossidative. Più forti contrazioni si ottengono in seguito all’ ulteriore reclutamento delle fibre a scossa rapida altamente ossidative, e, infine, di quelle a scossa rapida a bassa attività ossidativa. Negli esercizi di resistenza, la frequenza degli stimoli (detti anche potenziali di azione) destinati al muscolo è minore e vengono reclutate la maggior parte delle unità motorie altamente ossidative. Pertanto, lo schema dell’attività nervosa varia da scariche di breve durata ed alta frequenza, nell’esercizio di alta intensità e breve durata, alle scariche di lunga durata e bassa frequenza, durante gli esercizi di resistenza. I cambiamenti interessanti il tipo di o il quantitativo di attività che un muscolo è chiamato a svolgere, alterano lo schema dell’attività nervosa ad esso destinato e producono, gradualmente, modificazioni della componente chimica del muscolo stesso.
La capacità di azione di un muscolo può essere fatta variare in due modi: (1) mediante trasformazione di un tipo biochimico di fibra in un altro, e (2) mediante aumento di dimensione (ipertrofia) delle fibre muscolari. Gli esercizi di lunga durata (corsa e nuoto) si accompagnano ad una trasformazione delle fibre a scossa rapida a bassa attività ossidativa in fibre a scossa rapida ad alta attività ossidativa. Gli esercizi di questo tipo portano anche ad un aumento dei mitocondri nelle fibre ad alta attività ossidativa, e ad un aumento del numero dei capillari che le circondano. Tali modificazioni si accompagnano ad incrementi relativamente piccoli della massa del muscolo e della forza facendo sì che questo risulti caratterizzato da una aumentata capacità nei riguardi dell’attività di lunga durata e di intensità relativamente bassa. L’esercizio di lunga durata, infine, non solo produce cambiamenti nei muscoli scheletrici del corpo, ma produce anche modificazioni nei sistemi respiratorio e circolatorio le quali valgono a migliorare la fornitura di ossigeno e di nutrienti alle fibre muscolari.
L’esercizio di alta intensità e breve durata, come il sollevamento pesi, produce nel muscolo un quadro del tutto differente di modificazioni. Le scariche di impulsi nervosi di alta frequenza e di breve durata inviate alle fibre a scossa rapida e a bassa attività ossidativa, inducono in queste una ipertrofia caratterizzata da un’ aumentata sintesi di filamenti di actina e miosina e da un forte aumento della massa e della forza dell’intero muscolo. Il risultato estremo di questo tipo di esercizio è costituito dal noto quadro dei muscoli sporgenti che caratterizzano un sollevatore di pesi professionista. Lo sviluppo delle capacità motorie, resistenza, rapidità, forza e coordinazione, necessario per ottenere elevate prestazioni specifiche negli sport di resistenza di breve durata (Rbd) e di resistenza di media durata (Rmd), è di livello molto diverso da quello degli sport di resistenza di lunga durata (Rld). La minore durata del tempo di gara implica sia un più elevato impegno di forza per la spinta propulsiva, sia una frequenza di movimenti più elevata. Inoltre, i criteri riguardanti la qualità della prestazione motoria (rapidità, precisione, efficacia), negli sport di Rbd e Rmd hanno una valenza maggiore che negli sport di Rld. Ricerche inerenti la distribuzione delle fibre muscolari negli atleti confermano le affermazioni precedenti. Regolarmente, i migliori atleti nelle distanze brevi degli sport di resistenza (ad es. 400 e 800m nell’atletica leggera), presentano percentuali maggiori di fibre a contrazione rapida rispetto a quelli che eccellono nelle distanze più lunghe degli stessi sport (es. maratona). Quindi, come già detto, le fibre a contrazione rapida, per le loro caratteristiche fisiologiche, mostrano una funzionalità più elevata per prestazioni brevi e intense rispetto alle fibre muscolari a contrazione lenta. Qualsiasi sia il tipo di fibra coinvolto, ad ogni modo, durante sforzi muscolari ripetuti ed esaustivi la diminuzione della ricaptazione del calcio (ione Ca+) nel reticolo sarcoplasmatico della cellula e/o l’aumento della proteina legante il calcio hanno influsso maggiore sulla stanchezza muscolare rispetto al rifornimento immediato di substrati.
Nella valutazione bioenergetica delle prestazione di resistenza a media durata (Rmd), la determinazione della concentrazione di lattato è importante sotto molti punti di vista. Da un lato essa rispecchia la misura dell’intervento delle vie anaerobiche (lattacide) durante il carico e dall’altro, per quanto riguarda il rendimento sportivo, fornisce informazioni sul livello di prestazione aerobica. Numerose ricerche (Mader et al. 1988) hanno dimostrato che il miglioramento della capacità di prestazione aerobica corrisponde a un minor accumulo di lattato durante il carico. Tuttavia, una caratteristica di tutte le prestazioni intensive appartenenti alla resistenza a media durata è che, anche con un’elevata capacità di prestazione aerobica, vengono sfruttate a livello ottimale o massimo tutte le vie di produzione dell’energia, sia lattacide che alattacide. Ciò che regola il grado di utilizzazione del metabolismo glicolitico sono il lattato prodotto e l’elevata acidosi ematica da esso provocata. La concentrazione di lattato a livello intramuscolare non deve superare le 30 mmol/g circa, in quanto provoca una caduta del valore del pH a circa 6,3, inibisce l’enzima fosfofruttochinasi (PFK), interrompendo la rigenerazione dell’ATP con conseguente brusca diminuzione della prestazione. Anche nei carichi di resistenza di breve durata (Rbd), la percentuale anaerobica del metabolismo energetico può essere stimata sulla base del lattato prodotto successivamente ai carichi di gara. In soggetti molto allenati si raggiungono, in media, da 18 a 22 mmol/l di lattato. La massima concentrazione di lattato, da 24 a 25 mmol/l, è stata misurata dopo gare di corsa di 400 ed 800m (Mader et al.1979). Tuttavia, il lattato accumulatosi nella muscolatura impegnata non può passare immediatamente nelle vie ematiche. L’equilibrio di concentrazione tra lattato cellulare e circolo sanguigno si realizza in alcuni minuti. Per tale motivo le misurazioni per il rilevamento del picco di lattato debbono essere fatte solo dopo 10-15 minuti dalla fine dell’attività.
La regolazione cardiocircolatoria, fondamentale per il rifornimento di ossigeno alla muscolatura impegnata, è sotto il controllo del sistema nervoso simpatico e, grazie alle catecolamine (adrenalina e noradrenalina), garantisce la sua efficienza nelle prestazioni sportive. Si raggiungono, così, i vertici delle possibilità funzionali del sistema e la frequenza cardiaca sale a valori individuali elevati, da 190 a 210 battiti/min.
Il massimo consumo di ossigeno (VO2 max) può essere sollecitato al 100% solo dopo una latenza di 60 sec. Il consumo di ossigeno dall’inizio del carico cresce linearmente e viene sollecitato al 50% già dopo circa 30 sec. (Serresse et al. 1988). Per poter utilizzare il metabolismo aerobico negli sforzi brevi ed intensivi, gli atleti eseguono un lungo periodo di riscaldamento preliminare. L’allenamento negli sport e nelle discipline sportive di resistenza di breve durata ha principalmente carattere intensivo e prevede poche unità di allenamento di resistenza. Questo è il motivo per cui le basi di prestazione aerobica, degli atleti praticanti questi sport, sono minori rispetto a quelle di atleti delle discipline di resistenza di lunga durata. Ciò indipendentemente dalla percentuale di fibre che, come noto, è geneticamente determinata e condizionata; occorre tener presente, però, che, grazie all’allenamento specifico, le qualità metaboliche delle fibre si possono adattare in direzione aerobica o anaerobica. Un adeguato perfezionamento della tecnica dei movimenti permette poi di cambiare il programma motorio a livello neuromuscolare, creando nuovi rapporti di coordinazione.
Tanto un allenamento di resistenza alla forza che un allenamento di velocità, permettono poi di aumentare il volume sia delle fibre a rapida contrazione che delle fibre a lenta contrazione. L’ipertrofia delle fibre muscolari è un presupposto strutturale necessario per aumentare l’efficacia del movimento di spinta in ogni ciclo di movimento. Infatti se è vero che i pattinatori di velocità e i quattrocentisti dell’atletica leggera mostrano elevate percentuali di fibre a scossa rapida (superiori al 45%), nei nuotatori è possibile trovare una quantità nettamente inferiore di questo tipo di fibre (circa il 23%), quindi presupposti muscolari nettamente divergenti. Se lo sport di resistenza di breve durata richiede un’elevata frequenza di movimenti e un rapido aumento del parametro forza/tempo nella spinta, gli atleti con elevate percentuali di fibre a scossa rapida sono sicuramente avvantaggiati.
L’attività sportiva può essere considerata anche dal punto di vista biomeccanico ed in tal caso la classificazione delle discipline tiene conto anche del tipo di muscolatura coinvolto nello sforzo (tab.1.1.)
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